Il Dipartimento di Biologia ha come direttore il Prof. Ettore Ruberti. Gli obiettivi del Dipartimento sono finalizzati a migliorare la conoscenza degli aspetti biologici moderni nell’ambito della evoluzione ecologica che caratterizza fortemente lo stato del pianeta Terra.
La Biologia come scienza si è sviluppata nell’ottocento, superando la mera descrizione naturalistica, frammista a notizie riportate partendo da descrizioni e leggende pregresse, quando l’osservazione della natura, in special modo legata alle conoscenze dovute all’espansione coloniale, ha costretto i naturalisti ad interrogarsi sulle reali caratteristiche della natura e della sua genesi. Le teorie che hanno portato alla nascita della biologia moderna sono la teoria cellulare di Schleiden e Schwann e la teoria evoluzionistica, quest’ultima sviluppatasi in senso scientifico grazie anche all’attualismo applicato da Lyell alla geologia, come sotto succintamente esposto.
Se escludiamo le ipotesi filosofiche dei Greci dell’età classica, la concezione fissista ha dominato il pensiero fino all’avvento del Darwinismo. Con questo non vogliamo sostenere che Darwin sia stato il primo a parlare di evoluzione. Infatti, già nel 1700 uomini di scienza avevano posto in dubbio la fissità delle specie. Le Bovier de Fontenelle, de Maillet, Offroy de La Mettrie, Diderot ed altri avevano proposto una prospettiva storica della natura. Lamarck aveva elaborato una teoria evoluzionistica. Ma è solo con Darwin che le concezioni evoluzionistiche sono state oggetto di una trattazione coerente ed approfondita. Se volessimo fare un paragone sullo sviluppo di una teoria scientifica, la gravitazione universale, ci accorgeremmo che, mentre la teoria elettromagnetica della gravitazione (meglio conosciuta come teoria della relatività) di Einstein, ha ampliato la visione di Newton, le scoperte successive alle teorie di Darwin, pur arricchendole, sono rientrate nel loro quadro concettuale. Tutta la biologia moderna fonda le sue pur robuste radici sull’evoluzione.
Si può far risalire agli Entretiens sur la pluralité des mondes (Conversazioni sulla pluralità dei mondi), di Bernard Le Bovier de Fontanelle, pubblicato nel 1686, l’origine dell’idea della trasformazione delle specie.
Le Bovier immagina una sorta di ecologia comparata fra i vari pianeti, illustrando la diversità delle condizioni ambientali fra questi a causa delle rispettive distanze dal sole e introducendo un concetto di relatività temporale. Concetto quest’ultimo destinato ad incontrare grandissima fortuna, e ad essere riproposto in forme diverse da Julien Offroy de La Mettrie, Denis Diderot ed altri e, nel secolo successivo, da Jean-Baptiste de Lamarck, che l’applicherà agli organismi animali.
De Maillet sviluppa un’idea di ecologia comparata, dovuta allo spostamento nel tempo dell’orbita terrestre e, quindi, della distanza di quest’ultima dal sole.
Nel 1745 viene pubblicata da Pierre-Louis Moreau de Maupertuis, geografo e fisico, Vénus phisique (Venere fisica), in cui l’Autore sviluppa concetti antropologici e considerazioni sulla riproduzione ed i caratteri ereditari degli animali. In seguito al grande successo arrisogli sviluppa ulteriormente le sue idee nell’Essai de cosmologie (Trattato di cosmologia) e nel De universali naturae systemate, pubblicato con il falso nome di Baumann nel 1751.
Nel 1748 escono due lavori di La Mettrie, intitolati, rispettivamente, L’Homme machine (L’uomo macchina) e L’Homme plante (L’uomo pianta), dove l’Autore si stacca dalle sue opere precedenti, dando sfogo ad un materialismo profondo quanto scoordinato. La Mettrie sviluppa il concetto, già espresso in Italia da Gianbattista Vico, secondo cui la differenza fra l’uomo e gli altri animali è quantitativa e non qualitativa; scontrandosi con la concezione cristiana, difesa dal gesuita padre Bougéant che, pur ammettendo la comunicazione animale dichiara: “se gli animali differissero dagli uomini solo dal meno al più, ciò rovinerebbe i fondamenti della religione”. Nel settecento si è sviluppato un vivace dibattito sui temi evoluzionistici, che ha coinvolto alcuni dei più brillanti uomini di scienza del tempo. Molti naturalisti si opposero fieramente alle idee evoluzionistiche o, al massimo, accettarono, grazie anche ad un’insufficiente conoscenza sulla riproduzione degli organismi, una sorta di evoluzionismo sviluppatosi su un archetipo, guidato quindi verso la perfezione da un principio interno, più o meno vago.
Ispirato dalle opere dell’abate Etienne de Condillac: Traité des sensations (Trattato delle sensazioni 1754), in cui viene discussa la questioni delle attitudini mentali in una “statua” priva di idee innate, e Traité des animaux (Trattato degli animali 1755), in cui viene sviluppata la problematica relativa all’origine delle conoscenze negli animali, idee che deriverebbero dall’azione dei bisogni, Jean-Baptiste de Lamarck (1774-1829), estende o, per meglio dire, sviluppa il concetto proposto da de Condillac per le idee, anche ai bisogni che gli animali provano. Secondo Lamarck quindi i bisogni non si limitano a fungere da “spinta” al comportamento animale, ma sono anche i responsabili della trasformazione dei viventi. Le modifiche compaiono nell’organismo in se, sono cioè acquisite, e sono ereditabili. Lamarck rimane anche legato al concetto di “spinta interna” dell’organismo. In corollario di questo concetto, Lamarck ritiene che gli organismi e lo stesso fenomeno di evoluzione tendano verso la “perfezione”. Il concetto di spinta interna e quello di tendenza alla perfezione (finalista) sfuggono dal campo dell’indagine scientifica, non essendo verificabili sperimentalmente. Possiamo quindi definirli di natura filosofica o, più propriamente, “metafisici”.
La concezione Lamarckiana, presentata per la prima volta nel 1801, ma sviluppata compiutamente fra il 1815 ed il 1822, si scontra con i dogmi fissisti, che vengono difesi strenuamente anche da chi, come George Cuvier, fondatore dell’anatomia comparata, si rende conto che le faune si sono alternate nel tempo. Cuvier, nel tentativo di giustificare le scoperte paleontologiche del tempo, ipotizza la tesi del “catastrofismo biologico”, secondo cui le faune sono cambiate nel tempo perché distrutte da catastrofi, ed ogni volta sostituite da altre.
Le teorie Lamarckiane sono state riproposte successivamente in varie forme. Se escludiamo il caso squallido di Lisenko, motivato e caratterizzato dal totalitarismo politico in cui è stato proposto, l’eredità dei caratteri acquisiti è sembrata ad alcuni poter rispondere meglio della selezione naturale al rapido adattamento degli organismi all’ambiente. Ultimo in ordine di tempo a riproporre questa concezione il Gruppo Osaka, formatosi recentemente, ed ancora operante.
Precursore di Lamarck, George-Louis Leclerc, conte di Buffon (1707-1788), autore della monumentale opera Storia naturale, propose nel 1749 che la datazione della Terra era stata grandemente sottovalutata e che gli esseri viventi, nel corso del tempo, avevano subito notevoli trasformazioni. Purtroppo non fu in grado di giustificare adeguatamente queste ipotesi. Anche il nonno paterno di Darwin, Erasmus (1731-1802), fisiologo e medico e poeta, discusse nel suo poema L’orto botanico (1792) interessanti osservazioni sull’evoluzione e propose la sua teoria della trasformazione biologica. Nel 1844 fu pubblicato con Autore anonimo un libro dal titolo The Vestiges of the Natural History of the Creation, opera dell’editore scozzese Robert Chambers, in cui si sosteneva che la successione delle specie fossili fosse causata da un incessante trasformazione della vita. Pur rispettosa del principio crazionistico, quest’opera suscitò enorme scalpore ed innumerevoli polemiche.
Nello scorso secolo doveva svilupparsi il pensiero o, per citare Ernst Mayr, il lungo ragionamento, del sommo naturalista, Charles Robert Darwin (1809-1882). Per chiunque abbia avuto la possibilità e la capacità di studiare le opere e le vicende di Darwin è ozioso chiedersi come sia potuto arrivare alle sue teorie: il suo metodo di lavoro, la sua capacità di osservazione e di sintesi, e la sua caparbietà e capacità fanno di lui il maggior naturalista, non solo della sua epoca. Certamente l’ambiente culturale in cui è vissuto e le vicende che lo hanno visto protagonista, come il celeberrimo viaggio sul Brigantino Beagle (1831-1836) hanno indubbiamente favorito il maturarsi della sua personalità, ma questo non sminuisce minimamente la sua opera e il suo valore.
Senza soffermarci sulla maturazione scientifica di Darwin e sugli eventi che hanno caratterizzato la sua formazione culturale, non possiamo esimerci dal ricordare l’influenza che esercitò su di lui la lettura de L’introduzione allo studio della filosofia naturale di John Herschel, che lo introdusse al rigore del pensiero scientifico. L’autore che doveva esercitare la maggiore influenza su Darwin fu il geologo Charles Lyell (1797-1875), con il primo dei tre volumi dei Principi di geologia, pubblicato nel 1830, in cui riprende e sviluppa la teoria dell’uniformitarianismo di James Hutton, pubblicata nel 1788. Secondo questa teoria, in seguito definita dell’attualismo, i processi geologici che hanno formato la Terra attuale sono gli stessi che possiamo osservare ancora adesso. Questa teoria si scontrava con il catastrofismo, proposto per giustificare in qualche modo le scoperte geologiche. La teoria del catrastrofismo, pur superata, viene a volte riesumata per cercare una spiegazione semplice di eventi di cui non si conoscono le cause. Ultimo esempio in questo senso, la teoria del meteorite, proposta da Alvarez, per giustificare l’estinzione dei Dinosauri. L’estinzione del Triassico-Giurassico non è però stata l’unica, ne la più disastrosa, ragion per cui si è elaborata una teoria secondo la quale il sole ha una stella gemella, chiamata Nemesis, che quando giunge alla minima distanza dalla nostra stella, favorisce perturbazioni nella fascia più esterna del sistema solare, da cui provengono le comete o, secondo un’altra interpretazione, nella fascia degli asteroidi, situata tra Marte e Giove, dalla quale puntualmente uno se ne stacca per colpire la Terra. Con grande clamore mediatico alcuni anni orsono è stato identificato addirittura il cratere da impatto, nel sito di Chicxulub, ubicato nella Penisola dello Jucatan, salvo scoprire recentemente che tale cratere è vecchio di 220 milioni di anni. Dopo questa digressione, tutt’altro che oziosa, torniamo a Darwin. L’evento che, più di ogni altro, contribuì alla nascita e allo sviluppo delle idee evoluzionistiche in Darwin fu il viaggio sul brigantino HMS Beagle. Infatti, nel corso del lungo viaggio, Darwin raccolse una massa tale di esemplari ed osservazioni, che gli consentirono di maturare il suo pensiero e di rivalutare criticamente le conoscenze acquisite in passato. Solo successivamente al viaggio, tuttavia, Darwin sviluppa le teorie evoluzionistiche. Negli anni successivi si dedica all’elaborazione delle sue teorie, pubblica varie opere che risulteranno altrettante pietre miliari per la storia naturale, segue con impegno il lavoro di allevatori e coltivatori nella selezione artificiale. Nell’ottobre del 1838 Darwin legge il Saggio sul principio della popolazione, pubblicato nel 1798 dall’economista Thomas Robert Malthus (1766-1834), in cui si sostiene che è sbagliato cercare di migliorare le condizioni di vita dei meno abbienti, ma, al contrario, imporre il controllo delle nascite, poiché la crescita della popolazione presenta un andamento esponenziale geometrico, mentre le risorse disponibili sono suscettibili di un incremento aritmetico. Pur sconvolto dalla crudezza di tale ragionamento, Darwin rimane colpito dal rigore matematico che lo sottende. Pur applicando il principio di Malthus dei fattori limitanti all’evoluzione, Darwin non né accetterà mai l’applicazione nel contesto sociale. Per ironia della sorte, lo sviluppo di idee e pratiche malthusiane, viene definito “darwinismo sociale”, complice anche l’adozione, da parte di Darwin, del concetto, sviluppato da Herbert Spencer, di sopravvivenza del più adatto. In effetti con questo concetto si voleva solamente intendere che gli individui di una specie che avessero ereditato variazioni positive avevano maggiore probabilità di lasciare discendenti, per conseguenza la loro frequenza sarebbe aumentata. Nonostante avesse ormai perfezionato le sue teorie, Darwin ritardò per anni la pubblicazione, fino a quando, nel giugno del 1858, Alfred Russel Wallace, un giovane naturalista che aveva lavorato per alcuni anni in Malesia, gli inviò un saggio in cui proponeva una teoria sul ruolo svolto dalla selezione naturale, analoga alla sua. Per evitare qualsiasi polemica sulla priorità della scoperta, Darwin e Wallace pubblicarono, il primo luglio del 1858, sulla rivista della Linnean Society, On the Tendency of Species to Form Varieties; and on the Perpetuation of Varieties and Species by the Natural Means of Selection. Nell’anno successivo, il 24 novembre, venne distribuita la prima edizione dell’Origin of Species by Means of Natural Selection or the Preservation of Favoured Races in the Struggle of Life, in ben 1250 copie, tiratura notevole per l’epoca, esaurita il giorno stesso. Purtroppo non abbiamo lo spazio per addentrarci nell’analisi dettagliata dell’Origine, contentiamoci di ricapitolare i concetti fondamentali sviluppati da Darwin, ossia quelle che sono le sue cinque teorie fondamentali:
Darwin considera l’evoluzione come fatto oggettivo, reale susseguirsi delle specie nel tempo, relegando definitivamente il fissismo nell’abisso dell’ignoranza.
Sostiene che la vita ha avuto un unica origine, differenziandosi successivamente ed ininterrottamente originando continuamente nuove specie, quindi, per discendenza comune.
Spiega l’immensa varietà delle specie che si sono succedute e di quelle attualmente viventi (quella che oggi definiamo Biodiversità, concetto definito da Edward Wilson) con la moltiplicazione delle specie; in base a questa teoria le specie si suddividono in specie figlie per variazioni e per “gemmazione”, producendo cioè per mezzo di popolazioni isolate geograficamente nuove specie (oggi sappiamo che l’isolamento geografico non è l’unica forma di speciazione).
Per Darwin il motore dell’evoluzione è la selezione naturale che agisce sulle variazioni che si verificano negli individui, con un processo lento e continuo, senza brusche variazioni improvvise. L’evoluzione è quindi un processo graduale.
Oltre queste teorie, che costituiscono il cuore del darwinismo, Darwin ha sviluppato alcune teorie, che potremmo definire “corollarie” alle precedenti: selezione sessuale, pangenesi, effetto dell’uso e del non uso, divergenza dei caratteri, ecc.
Desidero soffermarmi brevemente sulla teoria della selezione naturale, visto che è una delle più fraintese. Molti infatti ritengono che, poiché le mutazioni sono casuali, l’evoluzione sia la teoria del caso. Viceversa, le mutazioni, casuali, vengono continuamente “scelte” dalla selezione naturale cumulativa e non casuale. E’ quindi corretto il concetto di sopravvivenza del più adatto.
Nel 1866 il naturalista tedesco Ernst Haeckel (1834-1919), grande sostenitore di Darwin, formula la sua teoria biogenetica fondamentale, secondo cui l’ontogenesi (sviluppo dell’embrione) è una ricapitolazione della filogenesi; l’embrione cioè, nel corso del suo sviluppo, ripercorre le tappe evolutive che hanno caratterizzato i suoi predecessori. Questa teoria è stata successivamente ridimensionata.
Uno dei maggiori esponenti dell’evoluzionismo, fu il biologo tedesco August Weismann (1834-1914), fondatore del “neodarwinismo”. Weismann difende la concezione di selezione naturale, confutando con forza la teoria dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti. Elabora una teoria secondo cui l’ereditarietà si fonda sulla trasmissione di particelle discrete, teoria poi verificatasi esatta, come vedremo, con la scoperta del DNA ed il conseguente sviluppo del “dogma centrale” della biologia moderna. Weismann sostiene che il vantaggio della riproduzione sessuale per l’evoluzione e la variazione genetica. Discute sui possibili vincoli all’opera della selezione naturale. Propone l’evoluzione a mosaico e la coesione del genotipo. Famoso il suo esperimento, spettacolare quanto controverso, di tagliare la coda a ventuno generazioni di topi, per confutare il lamarckismo.
La fase successiva, già inaugurata nel settecento da Spallanzani e portata a compimento da Darwin, Pasteur, ecc. (ognuno in modo indipendente) è rappresentata dal metodo sperimentale. Tale metodo è stato successivamente incrementato con la costruzione di modelli.
L’Ecologia, termine coniato da Ernst Haeckel, costituisce lo studio e l’analisi scientifica delle interrelazioni fra gli organismi e con l’ambiente che li ospita. Come si evince da tale definizione, questa branca delle Scienze Naturali, spesso usata a sproposito dai mass media e dalle organizzazioni ambientaliste, assume sempre maggiore importanza per poter gestire le risorse viventi e preservare la diversità biologica. Ciò presuppone l’approfondimento delle dinamiche ambientali e delle loro relazioni con i fattori abiotici e con le attività umane.
Pubblicazioni
L’evoluzione biologica: dalle idee del settecento alle ultime scoperte
Il progetto contro la malaria della Scuola medica di Milano
Lo Strutturalismo in Antropologia e la diffusione dell’Homo sapiens in Italia
Un promemoria sugli incidenti nucleari
La gestione dei Rifiuti Solidi Urbani
Scienza e/o Religione: storia di un fraintendimento della verità